Introduzione

Dalla Corea del Sud arriva l’ultima innovazione nel campo dell’energia solare con perovskite. Si tratta di una nuova cellula in grado di assorbire la radiazione del vicino infrarosso “oltre” ciò che l’occhio umano può vedere. La capacità di catturare uno spettro più ampio di radiazione solare porta chiaramente ad un aumento della produzione di energia e potrebbe aprire la porta alla possibilità di catturare in futuro tutte le parti dello spettro solare.

Cosa è lo spettro solare?

La luce che riceviamo dal sole è divisa in diverse parti, solo una piccola parte della quale può essere vista dai nostri occhi. Fu Isaac Newton a teorizzare l’esistenza di uno spettro della luce solare e a dimostrare la correttezza della sua ipotesi utilizzando un prisma di vetro per “dividere” i raggi in diverse parti dello stesso colore dell’arcobaleno.

Lo spettro del vicino infrarosso

L’innovazione è stata sviluppata da due università sudcoreane, il Korea Advanced Institute of Science and Technology (KAIST) e la Yonsei University, e come previsto tocca lo spettro del vicino infrarosso, massimizzando la cattura di una parte specifica della luce. Per ottenere questo importante risultato, il gruppo di ricerca ha progettato e sviluppato un dispositivo ibrido a base di perovskite che incorpora un fotosemiconduttore organico in grado di estendere il campo di assorbimento nel vicino infrarosso (0,7-10 μm).

Cosa è la perovskite?

Le perovskiti stanno attirando sempre più attenzione nel campo delle energie rinnovabili, soprattutto per il loro incredibile potenziale nei pannelli fotovoltaici. Negli ultimi anni, questo materiale ha dimostrato di avere il potenziale per superare le prestazioni del silicio, aumentando così in modo significativo l’efficienza di conversione dei pannelli solari. Recentemente i ricercatori hanno fatto un ulteriore passo avanti e ora hanno raggiunto un nuovo record di efficienza del 28,49%. Hanno anche fatto nuove scoperte che espandono ulteriormente la funzionalità di questo materiale, permettendogli di catturare la luce anche nel vicino infrarosso, la parte dello spettro solare invisibile all’occhio umano.

Ciò ha creato una nuova sfida per risolvere la discrepanza del livello di energia nell’interfaccia perovskite-organica eterogiunzione di massa (BHJ). Per superare questa limitazione, un gruppo accademico ha sviluppato celle solari ibride di perovskite con efficienza quantica interna (IQE) più elevata rispetto a quelle convenzionali. I ricercatori hanno spiegato in  una nota congiunta: “Introducendo uno strato di interfaccia di dipolo sub-nanometrico, è stato possibile alleviare la barriera energetica tra la perovskite e l’eterogiunzione organica di massa, sopprimendo l’accumulo di carica, massimizzando il contributo al vicino infrarosso e migliorando la densità di corrente a 4,9 mA/cm2.”

I due sistemi hanno consentito alla cella di bloccare il 78% della radiazione solare nella gamma del vicino infrarosso. Anche la stabilità del modulo è stata notevolmente aumentata, mantenendo oltre l’80% della sua efficienza originale anche in condizioni di umidità estrema dopo 800 ore di produzione.

Conclusione

Jung-Yong Lee, professore presso l’Istituto di ingegneria elettrica e tecnologia (KAIST) e coautore dello studio ha affermato: “Attraverso questo studio, abbiamo risolto in modo efficace i problemi di accumulo di carica e di disadattamento delle bande energetiche affrontati dalle attuali celle solari ibride perovskite/organiche. Ora saremo in grado di migliorare significativamente l’efficienza di conversione di potenza massimizzando al contempo le prestazioni di cattura della luce nel vicino infrarosso, il che rappresenterà una nuova svolta in grado di risolvere i problemi di stabilità meccanico-chimica delle perovskiti esistenti e superare le limitazioni ottiche.”